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Lo «Stato» più recente e più radicale al mondo
Mossul è stata l’ultima città urbana che gli Stati Uniti si sono assicurati durante la guerra in Iraq nel 2008. Quello sforzo è stato misurato col sangue di migliaia di soldati americani e bilioni di dollari dei contribuenti.
Ma si trattò di sangue e di denaro spesi in vano.
Il 10 giugno, i militanti dello Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (SIIS) si precipitarono alla conquista di Mossul. I terroristi dello SIIS hanno preso il controllo dell’aeroporto, delle stazioni televisive e delle stazioni di polizia, facendo fuggire oltre un terzo della città di 1,4 milioni di abitanti. Loro s’impadronirono anche delle basi militari provviste di armamenti americani.
L’esercito iracheno, di grandezza maggiore, abbandonò la sua posizione e fuggì, sbarazzandosi di vaste quantità di attrezzature militari e di armamenti, che lo SIIS aggiunse nel suo arsenale. I militanti confiscarono persino materiale nucleare di basso grado da un’università. Non molto tempo dopo la cattura di Mossul, diversi video mostravano lo SIIS sbandierando le loro provviste segrete di armi, che includevano un missile balistico Scud a lungo raggio – che secondo un twitter dello SIIS, «se Dio vuole», andrebbe a finire «su Israele» per una fine spettacolare al mese di Ramadan del mondo islamico.
Chiaramente, lo scopo di questi radicali islamisti si estende oltre l’Iraq e la Siria. Infatti, il 29 di giugno, il primo giorno del Ramadan, essi rilasciarono una dichiarazione in arabo, in inglese, in tedesco, in francese e in russo tralasciando i nomi «Iraq e Siria», appropriandosi del titolo più universale «Stato Islamico» e dichiarando, l’ormai considerevole territorio sotto il loro controllo, un «Califfato» islamico. Annunciarono che «la legalità di tutti gli emirati, dei gruppi, degli stati e delle organizzazioni diventa nulla,» e quindi tutti i musulmani devono ora impegnarsi alla loro obbedienza allo Stato Islamico e al suo capo, Abu Bakr al-Baghdadi.
Si potrebbe essere tentati di respingere una tale rivendicazione così magniloquente. Tuttavia, quando lo SIIS si è impadronito di Mossul a giugno, ha saccheggiato un bottino di soldi e di grande quantità di lingotti d’oro. Secondo Atheel al-Nujaifi, il governatore della provincia dove Mossul è situata, il gruppo ha rubato 500 bilioni di dinar (429 milioni di dollari) dalla banca centrale della città e da molte altre banche nella città. Quei soldi hanno reso questi radicali islamisti la più ricca organizzazione terroristica al mondo. Questo li ha resi anche – pieni di denaro rubato e di guadagno supplementare dalle estorsioni, dalle rapine, dai sequestri, dai donatori stranieri, dai campi di petrolio e di raffinerie recentemente sequestrate – un chiaro e presente pericolo per l’esistenza di Iraq.
Che cosa lo SIIS e i suoi stati recentemente dichiarati indipendenti, significano per l’Iraq, per il Medio Oriente e per l’America? Il tempo lo dirà – ma i mezzi per i quali è arrivato dove si trova ora danno alcuni indizi. Inoltre le profezie bibliche forniscono il quadro a lungo termine.
Una previsione anticipata
Già nel settembre del 1990, l’editore e direttore della Tromba Gerald Flurry avvertiva che un «re del meridione» sarebbe asceso, com’è predetto in Da-niele 11:40, dalla regione circostante all’Iraq. Subito dopo, egli definì con precisione chi sarebbe stato. «Il re del sud potrebbe governare Iraq o Iran o entrambi i paesi. Ma ora sta diventando più apparente che l’Iran potrebbe produrre questo re», ha scritto il signor Flurry. «Sembra proprio che il re del sud del tempo della fine governerà i radicali islamici! Oggi l’Iran è una guida innata per molti di loro. L’Iran ha anche lo scopo di condurre questo gruppo» (La Tromba, luglio 1992).
L’ascesa iraniana a capo dell’Islam radicale è uno sviluppo cruciale nella geopolitica del Medio Oriente. Per un periodo, l’Iran era stato tenuto sotto controllo da Saddam Hussein in Iraq; l’equilibrio di potere ha impedito ad entrambe le nazioni di avanzare. Eppure a dicembre del 1994, il signor Flurry ha scritto un articolo con il seguente titolo di testa, «Sta l’Iraq per cadere nelle mani di Iran?» In esso, egli definiva con precisione l’Iran come la nazione Islamica più potente della regione, e ha chiesto: «Potete immaginare il potere che [gli iraniani] avrebbero se ottenessero il controllo dell’Iraq, il secondo produttore di olio più grande al mondo?»
Dopo che un’invasione condotta dall’America ha deposto Hussein, eliminando la primaria opposizione iraniana nel suo vicinato, il signor Flurry ha nuovamente parlato sulla questione scrivendo un altro articolo intitolato «Sta l’Iraq per cadere nelle mani di Iran?» nel giugno del 2003. In esso, egli enfatizzava due fattori principali: l’aiuto non intenzionale che l’America aveva dato all’Iran indebolendo Iraq; e la furtiva intromissione iraniana in Iraq.
Durante gli otto anni della guerra in Iraq, sono morti 4487 soldati americani; sono stati spesi 1,7 trilioni di dollari; e le porte si aprirono completamente affinché l’Iran potesse esercitare una forte influenza nella politica irachena. Durante tale periodo, l’Iran incrementava la sua influenza in Iraq sostenendo il governo sciita in lotta. Nello stesso tempo, tuttavia, l’Iran metteva a punto la sua strategia di piantare caos finanziando i terroristi radicali – persino organizzazioni terroristiche che apparentemente erano in disaccordo con i suoi scopi ultimi di dominazione del Medio Oriente. L’articolo del signor Flurry di giugno 2003 mostrava l’evidenza in anticipo di questa strategia in azione, e La Tromba ha continuato a documentare e ad accumulare questa evidenza nell’ultimo decennio.
Uno degli strumenti di caos che l’Iran ha aiutato a forgiare sta adesso prendendo una vita tutta sua – e potrebbe forzare l’Iran a portare la sua strategia verso un nuovo livello mortale.
Un progetto iraniano
L’Iran ha una lunga storia nel giocare un complesso duplice gioco con al Qaeda. A febbraio, il tesoriere americano ha rilasciato un rapporto dicendo di aver «annunciato la designazione di un mediatore chiave di al Qaeda basato in Iran, che condivide la vitale agevolazione di al Qaeda in Iran, il quale opera lì con la conoscenza delle autorità iraniane.»
Fra i gruppi terroristici specifici che Iran appoggiava per fomentare caos in un Iraq post Saddam, c’era una organizzazione chiamata al Qaeda in Iraq (aqi). Il capo aqi, Abu Musab al-Zarqawi nativo della Giordana, era fuggito in Iran dall’Afghanistan quando iniziò l’Operazione Resistenza per la Libertà nel 2001. Nel 2005 è trapelato un rapporto dall’Ufficio Federale della Polizia Criminale tedesca (bka), il quale diceva che le Forze Quds delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane (cgri, Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica) «avevano fornito Al-Zarqawi di supporto logistico da parte dello stato» (Cicero, primavera 2005). Il gruppo della difesa Uniti contro l’Iran Nucleare, ha scritto il 19 giugno di quest’anno che «Zarqawi inizialmente operava sotto la protezione del cgri e della sua elite, la Brigata Quds. ... In base ai funzionari d’intelligenza, il tempo che Zarqawi ha spesso in Iran era cruciale per la ricostruzione della sua rete prima del trasferimento in Iraq.» Egli ha ricevuto fondi, armi e supporto logistico per ricostruire la rete di al Qaeda di cui egli aveva la sorveglianza. Il rapporto bka trapelato mostrava che Zarqawi possedeva passaporti genuini iraniani per alcuni dei suoi numerosi pseudonimi – una forte indicazione della collusione ad alti livelli.
Al Qaeda in Iraq era Sunni, e manteneva delle convinzioni virulente anti- sciite. Un rapporto del 2007 dall’Istituto Claremont faceva notare che Zarqawi era pieno d’odio per gli Sciiti, i quali egli considerava dei cani eretici. «Eppure,» esso osservava, «il suo odio non lo ha fermato ed ha accettato l’aiuto iraniano, e neanche ha fermato i mullah nel fare questa offerta».
Perché l’Iran sciita dovrebbe appoggiare i Sunni aqi , data l’acuta differenza ideologica fra i due? Quando di tratta d’islamisti radicali e dei loro scopi, l’opportunismo non conosce nessuno scrupolo morale. Il fine giustifica sempre i mezzi. Lo scopo di aqi, da quando è stato fondato nel 2004, era semplice. Il generale Raymond Odierno ha espresso succintamente la sua opinione in un fascicolo del Pentagono del 2010: «Loro vogliono un fallimento completo del governo in Iraq. Loro vogliono stabilire un califfato in Iraq.» L’Iran aveva completamente capito questo fine quando sosteneva Zarqawi e la sua organizzazione.
In seguito, l’aqi è diventato conosciuto come lo siis. Il suo fine rimane lo stesso, solamente su più larga scala. L’America sta trattando quest’organizzazione –ora dichiaratasi Stato Islamico – come il nuovo Saddam Hussein della regione che deve essere rimosso. Tuttavia, in una svolta bizzarra e assurda, gli Stati Uniti cercano di confrontare il problema – che a differenza di Saddam Hussein, è stato sostanzialmente sponsorizzato e creato da Iran – cercando attivamente l’aiuto di Iran, e persino cercando di incrementare il coinvolgimento iraniano e la sua influenza in Iraq!
Le relazioni Iran-USA
Sebbene l’Iran abbia aiutato a costruire e a preservare lo siis, una recente evidenza indica che l’Iran si potrebbe ora muovere verso lo scontro.
Incoraggiato dal suo colpo di stato a Mossul, lo siis è andato avanti alla cattura di porzioni di territorio nel nord dell’Iraq. Si è impadronito del controllo del confine Iraq-Siria il 25 giugno, dando accesso a entrambe le nazioni ai rifornimenti e all’espansione. Poi si è alleato con il gruppo terrorista al Nusra per dividersi il controllo dei confini. Lo siis ora controlla il territorio che si estende dal nordovest dell’Iraq fino al settentrione della Siria. (si veda la mappa in questa pagina).
Rapidamente sono emersi dei rapporti disturbanti sulla brutalità dello siis. Un poliziotto è stato preso da casa sua nel mezzo della notte, e i rapitori mozzarono la sua testa con un coltello. Un gran numero di persone sono state decapitate. Altre persone sono state messe all’esecuzione, amputate e persino crocifisse. Lo siis è diventato rapidamente l’organizzazione più temuta nel Medio Oriente.
Poi, il 29 luglio, lo siis ha dichiarato il suo territorio un califfato e lo rinominò Stato Islamico, per indicare che queste due nazioni sperano che sia solo un piccolo inizio di una futura repubblica islamica che trascenda i confini nazionali e sia governata da un capo supremo, politico-religioso, o califfo – Abu Bakr al Baghdadi. Il nuovo Stato Islamico ha ordinato a tutti i musulmani di ubbidire a Baghdadi. In un video pubblicato su Internet il 1° di luglio, Baghdadi stesso ha dichiarato che il suo «califfato» dimostrerà il «significato del terrorismo, e sarà gli scarponi che calpesteranno gli idoli del nazionalismo, distruggerà gli idoli della democrazia e svelerà la sua natura deviante.» Egli ha fatto appello ai musulmani di immigrare nello Stato Islamico e ha radunato i musulmani attraverso il globo per vendicare tutte le ingiustizie commesse contro l’Islam, dalla Cina all’Indonesia, dalla Repubblica Centrale Africana a Myanmar – fino ad arrivare in Europa. «Questo è il mio consiglio per voi,» ha detto. «Se voi lo sostenete, conquisterete Roma e possederete il mondo, se Allah permette.»
L’importanza di questa dichiarazione diventa chiara quando viene vista in contesto con la profezia biblica. Il prossimo bersaglio di Baghdadi, comunque, sembra essere la capitale dell’Iraq: Baghdad.
Ma qui c’è una verità allarmante. Lo siis è diventato così incredibilmente violento e sfrontato che ora l’Iran sembra docile in paragone. Questo fatto non è andato perso fra i mullah iraniani.
Il 16 giugno, in una svolta sorprendente degli eventi, il segretario degli Stati Uniti John Kerry ha detto che l’America è «aperta a discutere se ci fosse qualcosa di costruttivo a cui l’Iran potrebbe dare contributo.» Gli Stati Uniti «non escluderebbero nulla,» egli ha detto. A causa dell’ascesa drammatica dello siis, la sua natura radicale e la sua minaccia al governo iracheno che l’America ha instaurato, gli USA si stanno voltando verso i loro nemici mortali di lunga data –una nazione che l’America ha promesso ai suoi alleati di controllare– per intervenire militarmente in Iraq.
Per l’Iran è una situazione vantaggiosa. Se mandasse le sue truppe, potrebbe letteralmente conquistare Iraq e instaurare il suo governo fantoccio. Se invece decidesse di trattenersi, Iraq discenderebbe in una distruttiva guerra civile che lascierebbe il paese ancora più vulnerabile ad essere conquistato e ad un dominio geopolitico.
L’uomo principale in Iraq è il maggiore generale Ghasem Soleimani, comandante delle Forze Quds, le forze speciali dell’élite iraniana, il Corpo delle Guardie della Rivoluzione islamica, considerato un terrorista dagli USA.
Quest’uomo ha preso il ruolo di guida sforzandosi di fare da intermediario nella crisi politica di Baghdad da quando lo siis ha preso il controllo di Mossul a giugno. «Secondo ufficiali sciiti, il Generale stava organizzando l’esercito iracheno e la milizia sciita per combattere contro le insorgenze, mentre allo stesso tempo cercava di organizzare fazioni sciite per la formazione del prossimo governo» riportava il Philadelphia Media Network del 23 luglio. Dopo essersi incontrato con i politici iracheni durante un soggiorno di 10 giorni a giugno, Soleimani è ritornato a Teheran con una lista di candidati sciiti iracheni per la presidenza, ha riportato il Times of Israel. Ci si aspetta che lui presto informerà gli Sciiti iracheni della migliore scelta iraniana per la posizione. Quattro anni fa, usando mezzi simili, Iran si assicurò con successo l’accoglienza di Nouri al-Maliki, l’attuale Primo Ministro iracheno; probabilmente potrebbe agire ancora così per la scelta del suo nuovo candidato.
Che grande opportunità ha l’Iran da sfruttare! È tutt’altro che una coincidenza che questa opportunità sia arrivata tramite una organizzazione islamista radicale la quale l’Iran aiutò a creare.
L’Iran trarrà vantaggio da questa situazione quando sarà il momento propizio. Sa che gli americani non sosterranno un altro intervento militare in Iraq. Il presidente Obama non vuole essere conosciuto come il presidente che ha perso l’Iraq contro i terroristi radicali, specialmente dopo aver dichiarato la «fine» della guerra in Iraq nel 2011. Egli ha detto agli americani: «Ci lasciamo dietro un Iraq sovrano, stabile e fiducioso in se stesso.» Così i capi americani sembrano essere dell’opinione che la ultima opzione che rimane, sia quella di solicitare l’aiuto da una nazione nella regione con la capacità militare di sconfiggere lo siis: l’Iran. Quando quest’opzione è emersa, i media occidentali hanno immediatamente aderito alla linea «Iran è improvvisamente nostro amico». Il giornalista Souad Mekhennet ha scritto per il Washington Post che lo siis è la cosa migliore che sia accaduta alla relazione Iran-USA da anni.
Tuttavia, gli iraniani non vanno di fretta. Loro sono contenti di lasciar deteriorare la situazione fino al punto dove l’Occidente li supplichi di intervenire.
Non c’è da meravigliarsi – da tutto questo caos l’Iran ha molto di più da guadagnare in Iraq.
Relazioni nucleari
Considerate la negoziazione nucleare americana con Iran. La posizione ufficiale americana è che le negoziazioni con Iran riguardo al suo programma nucleare e le negoziazioni con Iran per reggere l’Iraq saranno manovrate in maniera separata. Ma solo i più ingenui lo credono possible.
I funzionari iraniani hanno affermato pubblicamente che loro credono che con la crisi in Iraq, le potenze regionali e globali dovrebbero accettare di più l’ambizione nucleare di Teheran. «Ciò che alcuni ufficiali iraniani hanno già detto è che la crisi in Iraq dovrebbe dare loro una leva maggiore sulla questione nucleare» ha detto William Tobey del Belfer Center for Science and International Affair (Centro Belfer per la Scienza e per gli Affari Internazionali) in una testimonianza del 19 giugno fatta presso l’House Armed Services Committee (Commissione delle Forze Armate). L’Iran non «si inginocchierà in sottomissione» all’Occidente, giurava il ministro degli esteri iraniano Mohammad Javad Zarif il 2 luglio, tre settimane prima della scadenza della negoziazione sul nucleare. Due settimane dopo, John Kerry ha dichiarato che lui sarebbe di nuovo aperto ad estendere il discorso sul nucleare con Iran, ciò che in precedenza aveva considerato inaccettabile.
Chiaramente sono gli Stati Uniti, non l’Iran, ad essere in sottomisione. Iran ha poche ragioni per acconsentire alle domande americane. Senza l’aiuto dell’Iran, l’Iraq pieno di petrolio discende nel caos, portandosi con sé quanto rimane del prestigio americano e dell’economia globale.
A causa della crisi siis e della mancanza di volontà dell’America di correggere il suo disordine in Iraq, essa è ora in una sorprendente posizione di chiedere aiuto ad uno stato disonesto sponzorizzatore di terroristi che la considerano come il Grande Satana.
Aspettatevi dunque, che le negoziazioni iraniane sul nucleare non vadano da nessuna parte, e aspettatevi un incremento di controllo dell’Iran sull’Iraq e sul suo governo. Aspettatevi più caos mentre l’Iran sfrutta la sua influenza attraverso i terroristi islamici radicali. Aspettatevi inoltre l’emergere de «il re del meridione» sostanzialmente pieno di potere, inondato di petrolio e più che mai stracolmo di armi e potenza. ▪