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Israele contro Hamas: il retroscena

DAVID BUIMOVITCH/AFP/Getty Images

Israele contro Hamas: il retroscena

Il nemico di Israele non è primitivo — ed è in compagnia.

G erusalemme–Durante la «primavera araba» che ha coinvolto i paesi del Medio Oriente, le condizioni erano relativamente tranquille per Israele. Gli analisti però sapevano che la quiete non sarebbe durata: era solo una questione di tempo prima che l’ira degli islamisti radicali si volgesse contro lo Stato ebraico.

Ora, è accaduto. Nel 2010, prima che la primavera araba avesse spazzato il Medio Oriente, Hamas aveva sparato 231 razzi alla nazione ebraica dalla sua base nella striscia di Gaza. L’anno scorso, il numero si è quasi triplicato a 627. Quest’anno, prima del 14 novembre quando Israele ha iniziato l’Operazione pilastro di difesa, Hamas aveva sparato circa 800 razzi contro Israele. Durante la settimana dell’offensiva israeliana, Hamas reazionò lanciando altri 900 missili verso Israele.

Fumo in Sudan

Per capire l’ultima escalation di violenza tra Israele e Gaza, abbiamo bisogno di risalire alla notte del 23 ottobre nella città di Khartoum, in Sudan. Nel mezzo di quella notte, quattro aerei a reazione militari volando da est, attaccarono un complesso industriale di produzione di munizioni e missili nella località sudanese di Yarmouk. Poi il governo del Paese ha dichiarato che l’operazione high-tech — che inceppò il radar del Sudan e danneggiò gravemente lo stabilimento — poteva essere stata compiuta soltanto da Israele.

Dopo l’attacco, centinaia di manifestanti si riversarono sulle strade di Khartoum, gridando e sventolando i cartelli contenenti slogan anti-israeliani. Il giorno successivo all’esplosione dello stabilimento di armi, 79 razzi furono lanciati dai militanti di Hamas contro Israele dalla Striscia di Gaza. Il giorno precedente a quell’evento, Hamas aveva lanciato soltanto tre razzi verso Israele.

Perché Gaza ha risposto al bombardamento di una fabbrica di armi in Sudan intensificando il lancio di razzi contro Israele ?

Lo stabilimento sudanese forniva a Gaza di tutte le armi che significativamente aggiornavano gli arsenali di Hamas, ecco perché ! E indovinate a chi apparteneva e chi faceva funzionare quella fabbrica in Sudan ? Un’analisi di Stratfor ha riferito : «C’erano indicazioni che l’Iran si serviva di questa struttura per fare scorta e possibilmente per costruire le armi, tra le quali c'erano missili antiaerei, missili anticarro e i razzi Fajr-5 a lungo raggio, in grado di raggiungere Tel Aviv e Gerusalemme da Gaza» (16 novembre 2012; enfasi aggiunta).

Se vi ricordate, cinque giorni dopo l’esplosione dello stabilimento a Khartoum, due navi della Marina iraniana ancorarono in un porto del Sudan per una visita di tre giorni. La posizione ufficiale era che l’Iran visitava il Sudan al fine di «trasmettere un messaggio di pace e di amicizia». Ma quella era molto più di una visita amichevole, come ha notato il Wall Street Journal : «Secondo molti analisti internazionali e regionali, Israele vede in Sudan, un alleato di lunga data dell’Iran, un canale per passare le armi attraverso l’Egitto al gruppo militante di Hamas nella Striscia di Gaza. Nel frattempo, secondo Small Arms Survey, una pubblicazione con sede in Svizzera, l’Iran resta un fornitore importante di armi al Sudan» (30 ottobre 2012).

Ora ci portiamo velocemente in avanti al 14 novembre, quando ebbe inizio l’operazione militare Pilastro di difesa, portando a compimento l’assassinio del capo militare principale di Hamas, Ahmed Jaabari. Il 17 novembre, il New York Times ha scritto : «Il mercoledì quando Israele ha assassinato il comandante militare più importante di Hamas nella Striscia di Gaza, avviando l’attuale ciclo di feroci combattimenti, mirava non solo a un capo palestinese, ma a una linea di rifornimento di razzi dall’Iran che per la prima volta, ha dato a Hamas la capacità di colpire fino a Tel Aviv e Gerusalemme.»

Come c’era da aspettarsi, il Times ha accusato Israele per «avviare» l’ultimo round di combattimento. Ma lasciando da parte i pregiudizi anti-israeliani, la storia è assolutamente giusta circa la potenza regionale che fornisce il campo terroristico a Gaza: la Repubblica Islamica dell’Iran.

Le operazioni della linea di rifornimento si svolgevano così: i razzi Fajr-5 erano spediti dall’Iran in Sudan allo stabilimento di armi, da dove si trasportavano attraverso il deserto nell’Egitto, poi erano smontati, e le parti, passando per il corridoio del Sinai, erano nuovamente messe insieme dai terroristi di Hamas nella Striscia di Gaza. Prima che Israele desse inizio al Pilastro di difesa, si pensava che Hamas avesse circa 100 di questi missili Fajr-5.

L’armamento sofisticato ha dato a Hamas delle capacità che, secondo Israele, hanno attraversato la linea rossa. Gli attacchi volti a Gerusalemme e alla zona di Tel Aviv non furono mai possibile per Hamas prima di allora, perché i propri razzi non potevano raggiungere così lontano. Tuttavia, come il Times ha rivelato, l’Iran ha migliorato significativamente la potenza di fuoco del suo alleato nella Striscia di Gaza.

«La rotta del contrabbando coinvolge dipendenti stipendiati da Hamas lungo la strada, tecnici esperti iraniani che viaggiano con passaporti falsi e con l’approvazione del governo del Sudan, dicono i funzionari israeliani» (ibid).

È un’operazione complicata, perciò Israele aveva lavorato per settimane per distruggerla.

Sono anche emerse prove dimostrando che i comandanti di Hamas si erano recati in Siria e in Iran per ricevere addestramento dalle Guardie Rivoluzionarie. Hamas sta costruendo un esercito, aggiornando la propria capacità offensiva e ricevendo formazione dall’Iran — tutto perché vuole cancellare Israele dalla carta geografica.

Questo è il contesto necessario per l’ultima escalation di violenza tra Israele e Hamas.

Cairo e Tripoli

L’Iran fa capo al movimento contro Israele che interessa la regione del Medio Oriente e sta faticosamente lavorando nel retroscena per abbattere lo Stato ebraico. Inoltre ha incorporato altri giocatori d’importanza fondamentale nella sua causa, vale a dire l’Egitto e la Libia — e sta lavorando per trasformare quei Paesi in bastioni dell’islamismo radicale. Il successo iraniano nel raggiungere il suo scopo è chiaramente dimostrato dal conflitto tra Israele e Gaza.

Nel mese di ottobre, il presidente egiziano Mohammed Morsi diede a Hamas un avallo sostanzioso dichiarando : «Il popolo palestinese non sarà abbandonato. Noi stiamo con loro contro qualsiasi aggressione». Il 14 novembre, quindi, Morsi ha fatto rientrare l’ambasciatore d’Egitto in Israele in segno di protesta contro le operazioni militari dello Stato ebraico. Una dichiarazione del portavoce di Morsi ha spiegato la mossa : «Il presidente Morsi ha seguito la brutale aggressione israeliana in cui furono uccisi diversi martiri e i figli del popolo palestinese. Su questa base egli ha ritirato da Israele l’ambasciatore egiziano; ha ordinato al rappresentante egiziano presso le Nazioni Unite di chiedere una riunione di emergenza del Consiglio di sicurezza … e convocò l’ambasciatore israeliano in Egitto, per protestare contro l’assalto.»

Aggiunto a questo, il Partito Libertà e Giustizia dell’Egitto — l’ala politica dei Fratelli Musulmani — minacciava di essere coinvolto nel conflitto. Secondo una dichiarazione rilasciata dalla confraternita il 14 novembre, l’Egitto «non permetterà che i palestinesi siano sottoposti all’aggressione israeliana, come avvenne in passato

Poi c’è la Libia. Il cambiamento rapido del panorama politico di Tripoli ha assunto grande importanza per i militanti di Gaza, giacché, il crollo del governo di Muammar Gheddafi, ha creato altre possibilità di approvvigionamento per Hamas. Dall’espulsione di Gheddafi, molti magazzini militari libici furono perquisiti e l’apparecchiatura è stata venduta. La maggior parte di quelle munizioni ha attraversato l’Egitto per arrivare a Gaza.

È incredibile il numero di porte che la primavera araba ha aperto per l’Iran e i suoi alleati. Gli israeliani sono assai consapevoli di ciò che sta succedendo in Sudan, nella Libia, nell’Egitto e a Gaza. E poiché hanno poco sostegno della comunità internazionale, hanno colpito con forza le linee di rifornimento che portano a Gaza. Hamas ha reazionato con un altro attacco, rivelando chiaramente il pesante coinvolgimento dell’Iran in rafforzare il suo alleato.

Le orme dell’Iran — e quelle dei sempre più radicali Egitto e Libia — in questo conflitto sono dappertutto.

Chi farà da mediatore ?

La profezia biblica dichiara che la rapida diffusione dell’Islam radicale continuerà fino a quando ci sarà uno scontro con un nemico superiore: un’Unione Europea con la Germania alla guida. Daniele 11:40 dimostra che un «re del nord» sotto una conduzione tedesca, tra poco entrerà in Gerusalemme, la terra gloriosa. La parola ebraica tradotta «entrerà» in questo passaggio biblico indica un’entrata tranquilla.

Guido Westerwelle, ministro degli esteri tedesco, ha incontrato il 19 novembre, il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese, nel tentativo di calmare i recenti episodi di violenza. Dopo l’incontro con Netanyahu, Westerwelle ha dichiarato che l’intermediazione di un cessate il fuoco è una priorità assoluta per Berlino.

La risposta di Netanyahu rivela il desiderio di Israele di invitare la Germania a svolgere un ruolo decisivo nei negoziati : «Israele non può tollerare a lungo questo genere di situazione, in cui le nostre città sono costantemente sotto l’attacco dei razzi. Io preferisco le soluzioni diplomatiche, spero che possiamo trovarne una, ma se non fosse così, abbiamo tutto il diritto di difenderci con altri mezzi e noi lo faremo. Credo che la Germania possa svolgere un ruolo costruttivo nella ricerca della fine di questo conflitto e di un accordo a lungo termine, di modo che queste spaventose armi non siano più introdotte nella Striscia di Gaza.»

Sempre più israeliani riconoscono che i capi degli Stati Uniti hanno la volontà spezzata e, sono dunque troppo affaticati dal coinvolgimento militare dell’America in altri conflitti, perciò, siccome la pressione su Israele s’intensifica, il popolo ebraico cercherà protezione rivolgendosi alla Germania. La dichiarazione di Netanyahu è soltanto uno tra i molti segni che negli ultimi mesi, Israele sta guardando con entusiasmo in direzione di Berlino. È solo una questione di tempo prima che Israele inviterà l’Unione Europea sotto una conduzione tedesca, ad entrare in Terra Santa.

La decisione però non porterà una buona fine per Israele. La profezia in Daniele dimostra che la Germania commette un tradimento violento contro Israele e stabilisce il suo quartier generale a Gerusalemme.

Questa è una realtà che ci deve far riflettere. Tuttavia, essa è legata in modo complesso alla maggiore speranza che questo pianeta dilaniato dalla guerra abbia mai conosciuto: il ritorno di Gesù Cristo per inaugurare un’era di pace per gli israeliani, i palestinesi, gli iraniani, i tedeschi, gli egiziani, i libici e tutti gli altri uomini !