(dal personale della Tromba)
Ci possiamo fidare degli economisti?
Il 24 agosto molti americani si sono svegliati con l’aroma del caffè e la notizia che il mercato azionario della Cina ancora una volta era in caduta libera. (Sbadiglio)
Alle 9:30 ora legale di New York però un aroma totalmente diverso si espandeva nelle sale e negli uffici delle più importanti banche americane e di Wall Street.
Era un sentimento di paura.
All’improvviso, il ricordo del passato, del collasso economico del 2008, è stato trasmesso in technicolor ad alta definizione: i gestori d’investimento aggrappati alla tastiera dei loro computer e degli iPad sentivano i brividi mentre guardavano increduli i prezzi delle azioni andare in caduta libera. Lunedì, in meno di 10 secondi più di 1000 punti sono stati persi dal Dow Jones Industrial Average… Centinaia di miliardi di dollari semplicemente hanno smesso di esistere.
Tre minuti dopo, la strage continuava con una caduta addizionale di 300 punti. Così, la perdita di quei 1300 punti rappresentava la caduta più brusca registrata in quel giorno.
Gli analisti si chiedevano che cosa sarebbe successo in seguito. I mercati non erano mai stati esposti a un simile livello di debito. Le corporazioni americane hanno preso in prestito l’incredibile cifra di 9,3 trilioni di dollari dall’inizio del 2009. Rare volte gli investitori si sono fatti prestare somme enormi come quelle, da coprire con un deposito di garanzia.
Anche in Cina il debito è cresciuto a livelli senza precedenti. L’analista di mercato Doug Noland ha reso evidente che quattro delle cinque banche più importanti al mondo ora appartengono ai cinesi e, i loro libri di prestiti, sono aumentati ad un sorprendente 80 per cento durante gli ultimi quattro anni. «La rottura della esorbitante bolla speculativa cinese è un problema del sistema – per l’economia mondiale, per i mercati globali e per le finanze globali» ha scritto Noland (Credit Bubble Bulletin, 17 agosto).
«Come analista di credito e di prezzi gonfiati (in serie) risalente a 25 anni fa, c’è un tema ricorrente e particolarmente pertinente a questi giorni … È sempre peggio di quanto si possa immaginare» (ibid, 20 agosto).
Questo potrebbe essere l’inizio di un altro lunedì nero? di un altro 1929?
Per un breve periodo si è provata un’altissima apprensione che mise in grande agitazione l’indice di volatilità del Chicago Board Options Exchange – frequentemente definito come misuratore di paura. Gli algoritmi del computer non potevano gestire quel volume senza precedenti quando l’indice triplicò. Durante 30 minuti gli investitori hanno ricevuto date in modo irregolare e schermi vuoti.
L’ultima volta che l’indice ha causato tanto disturbo sono accadute cose brute. Basti pensare alla Grande Recessione del 2008 e al crollo di Wall Street.
Tuttavia i partecipanti ai mercati non dovevano andare alla cieca. Il misuratore di paura tintinnava in continuazione durante tutto il mese. Verso la fine di agosto esso aveva saltato del 135 per cento, marcando il guadagno più grande della propria storia in un singolo mese.
Allora erano molto evidenti tanti altri segni di difficoltà.
La parte più rischiosa del mercato dei titoli obbligazionari di rischio, sul quale molte aziende sono costrette ad appoggiarsi per le loro esigenze di finanziamento, era stato completamente rovinato pochi giorni prima del caos del mercato azionario. Il 13 agosto ad una società elencata in categoria CCC il costo medio per prendere in prestito era aumentato da 13 a 16 per cento. Poco più di un anno fa invece quella percentuale era di 7,9. Questo genere di eventi «vertiginosi» occorre poche volte in tempi normali, dice l’analista Wolf Richter. «Non ci sono stati [tempi normali] dalla crisi finanziaria [precedente]» (Wolf Street, 15 agosto).
Nel mese di luglio, anche l’Empire Manufacturing Index, la misura fondamentale dell’attività d’impresa nello Stato di New York – è crollato a livelli visti solo nelle ultime due recessioni economiche.
Persino le tariffe di spedizione sono crollate, rendendo evidente un forte rallentamento del commercio mondiale. «Ora c’è una vera e propria tempesta di agosto spazzando i mercati mondiali» ha scritto Ambrose Evans-Pritchard sul Telegraph (17 agosto).
Anche i prezzi delle materie prime stanno crollando. Il costo del petrolio è stato fissato al di sotto di 40 dollari al barile, equivalente ad un ribasso del 60 per cento sul costo dello scorso anno. Carbone, minerale di ferro, cloruro di potassio, uranio, semi di soia, zucchero – tutti sono andati giù e non menzionare le arance, il frumento, il nichel, l’argento e il cemento.
Sicuramente qualcuno doveva aver notato che c’era qualcosa di sbagliato.
Il 21 agosto mentre i mercati azionari mondiali seguivano nella caduta dopo la Cina e gli Stati Uniti, è diventato chiaro che le autorità erano state colte alla sprovvista. In Australia, il ministro delle finanze Joe Hockey e il primo ministro Tony Abbott, hanno parlato alla radio per rassicurare gli investitori dopo che l’indice azionario di riferimento dell’Australia era precipitato al tasso più critico dopo il 2009.
«Sono assolutamente sicuro, assolutamente sicuro che le basi dell’economia australiana e dell’economia mondiale sono ancora buone, sono ancora buone. Senza dubbi questa è la situazione» ha detto Hockey al Today Show in onda sulla rete Nove. «Infatti, ora non c’è nessuna crisi. Si tratta di una correzione» (25 agosto).
Avrebbe potuto menzionare «assolutamente sicuro» ancora una volta?
«Penso che sia importante che le persone non siano in uno stato di iperventilazione» ha detto il primo ministro Abbott. «I fondamenti non hanno subito danno.» Ricordiamoci che prima del crac finanziario del 2008, Ben Bernanke, anteriore presidente della Federal Reserve ha parlato molto sull’economia fondamentalmente sana dell’America.
Quando un primo ministro parla del mercato davanti alle telecamere, possiamo essere certi che le cose non vanno bene.
Quel lunedì, il Dow Jones cercò senza successo una ripresa ma finì la giornata con una caduta di quasi 600 punti. Per la prima volta nella storia il Dow era caduto più di 500 punti in due giorni consecutivi.
Il giorno successivo, sebbene i mercati fossero iniziati in rialzo, la giornata si è conclusa con un calo di 205 punti. È stato il più grande rovescio dal 2008.
La settimana successiva però sono accadute due delle più grandi riprese, una dopo l’altra, dal 2009.
I mercati inviano forti segnali di avvertimento indicando che non va tutto bene. Inizia ad assomigliare molto ai giorni precedenti all’ultimo tracollo finanziario.
Facendo riferimento al crollo economico di ottobre 1929, John Steele Gordon ha fatto questa osservazione nel suo Commentary: «Quasi sempre il crollo del mercato avviene in autunno.» A questo ha aggiunto: «Penso che sia a causa della psicologia umana, si ha la tendenza ad essere più cauti in autunno. Le speculazioni in estate sembrano così brillanti, eppure tutto ad un tratto, quando soffiano i venti freddi di ottobre uno si domanda se sono state una buona idea e dunque si cerca di uscirne.» Qualunque sia la ragione, il periodo tra settembre e ottobre ha tendenza a diventare il più pericoloso.
Il misuratore di paura si trova a livelli visti unicamente in periodi di recessione. Finora è continuato ad aumentare dal mese di settembre, un segno chiaro che c’è qualcosa di marcio nello stato dell’economia. ▪